
Gli ndurciullune, figli del meglio della tradizione pastorale e agreste, ci narrano ad ogni boccone la loro antica storia
Gli ndurciullune (o ndurcillune o anche ndurciulline) d’Abruzzo sono un piatto così sincero e caratteristico della tradizione pastorale e agreste da essere stati inseriti nella lista dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) dal Ministero delle Politiche Agricole. Se l’idea di andare alla scoperta del segreto del successo di questo cibo misterioso vi stuzzica almeno un po’, seguitemi in questo breve viaggio nel cuore dell’Abruzzo, più precisamente tra i paesi dell’antico Tratturo Magno: parola mia, non rimarrete delusi.

Le ndurciullune – © Vaghis – viaggi & turismo Italia – Tutti i diritti riservati
Prima di tutto, guardiamo in volto l’oggetto delle nostre curiosità: dal profumo intenso che emana appena servito e dal modo lascivo in cui la pasta fresca che lo compone fa a gara per strabordare dal piatto ed invitarci ad assaggiarla, non resta alcun dubbio sulla fisionomia di questa pietanza che ancora oggi, nei suoi ingredienti semplici ma gustosi, continua a raccontare la storia di antiche famiglie di pastori e contadini. Con un impasto composto al 70% da semola di grano duro e al 30% da grano tenero, unite ad acqua e sale, ad una cascata di sugo di castrato rosso, di pecora o di ventricina vastese, e magari ad un goccio di olio extravergine d’oliva, una manciata di spezie e una candida spolverata di pecorino, questo piatto dal sapore tenace ci parla di un Abruzzo lontano nel tempo, quando la carenza di ingredienti “ricchi” e il bisogno di dare la giusta carica per affrontare la dura vita nei campi o nei pascoli richiedeva un pizzico di creatività ai fornelli.

Il “carraturo”
Se si volesse racchiudere il punto focale della storia degli ndurciullune in una parola sola, quella sarebbe transumanza, la periodica discesa dei pastori verso le pianure: è infatti dall’unione tra l’isolamento della regione fino agli anni ’60 e gli spostamenti di questi instancabili lavoratori che le materie prime dei pastori e quelle dei contadini hanno trovato le condizioni ideali per incontrarsi e dar vita ad un piatto così sublime nonostante la sua semplicità, da esser stato tramandato oralmente di padre in figlio fino ad arrivare a noi, presenza immancabile nel menù di ogni ristorante abruzzese che si rispetti.
Ieri come oggi, per preparare questo tipo di pasta lunga a sezione quadrata si impiega uno strumento detto chitarra o “carraturo”, attraverso cui si fanno passare le sfoglie spesse 4-5 mm aiutandosi con un matterello. Tagliate, cotte e condite, queste piccole opere d’arte color avorio si trasformano in ndurciullune, pronte ad essere contemplate, attorcigliate con trasporto attorno alla forchetta, assaporate, impresse nella mente e nel cuore come era un tempo e come sempre sarà.

Le ndurciullune con sugo al pomodoro e carne di castrato