
Il Carretto siciliano è il simbolo iconografico folkloristico dell’arte popolare siciliana.
Il Carretto Siciliano è certamente l’oggetto più conosciuto e caratteristico dell’arte popolare siciliana.
Nato come mezzo di trasporto delle merci e delle persone, la bellezza del Carretto Siciliano, è nella vivacità dei suoi colori. La perfezione della sua fattura lo trasforma in vera e propria “arte in movimento” e, a guardarlo con attenzione, soffermandosi maggiormente sui dettagli delle sponde, delle ruote e della cassa, si noterà che su di esso non sono dipinte semplici figure ma, si narrano vere e proprie storie.
Il carretto in Sicilia inizia a diffondersi maggiormente nella prima metà dell’800, prima di allora, lo scambio maggiore di merci avveniva via mare.

Foto d’epoca carretto siciliano
Nel 1830, con l’apertura, da parte del governo borbonico, delle vie per il transito di greggi e mandrie, le così dette Regie trazzere (la prima fu la Palermo – Messina) si iniziò a pensare il trasporto in maniera differente. Questi percorsi erano concentrati su sentieri naturali fatti di salite, di dossi e soggetti a frane, per questo, il Carretto venne dotato di ruote molto alte così da poter meglio aggirare certi ostacoli.
Inizialmente era di un colore unico, predominavano il giallo, il rosso, il verde poi, iniziò ad essere decorato con figure abbozzate di frutta o di fiori. Successivamente, come una sorta di benedizione e di protezione i carrettieri iniziarono a decorarli con immagini del santo protettore del paese.

Carretto siciliano
I santi furono soppiantati, senza mai scomparire del tutto, dalle storie dei paladini e soprattutto dalle scene di Cavalleria Rusticana, la novella che Giovanni Verga aveva dedicato proprio alla nobile figura del carrettiere.
Diffuso maggiormente nelle province di Trapani, Palermo, Catania e Siracusa, i carretti, si distinguono in tre tipologie e si differenziano in base al trasporto effettuato: U Tiralloru con laterali bassi e rettangolari, era utilizzato per trasportare la terra, U Furmintaru con laterali rettangolari più grandi era utilizzato per trasportare frumento, U Vinaloru con le fiancate trapezoidali e le tavole inclinate era utilizzato per trasportare il vino.
Le prime descrizioni di un Carretto Siciliano risalgono al 1833, ad opera di Jean Baptiste Gonzalve de Nervo che scrisse a riguardo dopo un viaggio fatto in Sicilia. “Specie di piccoli carri, montati su un asse di legno molto alto; sono quasi tutti dipinti in blu, con l’immagine della Vergine o di qualche santo sui pannelli delle fiancate e il loro cavallo coperto da una bardatura, ornata di placche di cuoio e di chiodi dorati, porta sulla testa un pennacchio di colore giallo e rosso”.
Il geologo Eliseo Reclus, nel 1865, definì i carretti catanesi, che sfoggiavano immagini dedicate a Sant’ Agata, dei “lavori d’arte”; e ancora nel 1885 Guy de Maupassant, li definì “rebus che camminano”.

Carretto siciliano
Personaggio rappresentativo dell’antica arte di pittura decorativa sui carretti è Domenico Di Mauro (Minicu u pitturi) di Aci di S. Antonio, morto alla veneranda età di 102 anni, ebbe il piacere di accogliere nella sua bottega-laboratorio il Re di Svezia e intellettuali del calibro di Salvatore Quasimodo, Caro Levi, il regista Pier Paolo Pasolini e molti altri illustri personaggi. Una sua creazione è esposta nel più prestigioso museo etnologico del mondo: il Musée de l’homme di Parigi. Il carretto siciliano sbarcò anche negli Usa e, non in una casa qualunque, bensì in quella del presidente americano John F. Kennedy che, per regalarlo ad un’amica commissionò il modellino all’artista Santantonense.