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Capacità di adattamento, versatilità trasversale e gusto frizzante hanno fatto del Lambrusco un vino tutto da scoprire e da custodire nel tempo.

Quando torreggia panciuto dagli scaffali, vestito per metà di vetro e per metà di paglia, il Lambrusco, vino che frizza sotto la superficie, ricorda uno di quei signorotti di campagna giocondi e rubizzi con le bretelle e i baffoni.

Evoca il sole che tramonta dietro le colline e bagna i filari d’oro, mentre il nostro signore lento e sonnacchioso, fuori da una osteria di un piccolo borgo emiliano, mani sulla pancia, gode del torpore del vino e del tepore degli ultimi raggi.

Contrariamente a quanto possa evocare questa immagine romantica e velatamente malinconica, che sembra fare del Lambrusco un vinello da taverna, assimilabile quasi a quelli pieni di solfiti dei brick del discount o al massimo ai vini di produzione casalinga, il Lambrusco è uno dei vini più antichi d’Italia, la cui produzione si perde nella notte dei tempi.

L’etimologia del termine “lambrusco” viene infatti dal latino labrum, orlo, margine e ruscum, selvatico. I Romani, ne troviamo traccia negli scritti di Catone, Varrone, Plinio il Vecchio e Virgilio, denominarono labrusca la vite che produceva questo vino proprio a sottolinearne la natura selvatica e la crescita spontanea ai bordi dei campi.

 

Lambrusco

 

Addirittura già nella Bibbia il profeta Isaia, narrando del distacco del popolo di Israele dagli insegnamenti divini, menzionava proprio quest’uva selvatica che il terreno coltivato dal Signore spontaneamente aveva prodotto.

A dare prova concreta però di quanto rimane negli scritti e nelle testimonianze iconografiche di pitture parietali che manifestano il rapporto privilegiato tra l’uomo antico e il vino, è il rinvenimento di semi di vite silvestre proprio in Italia ed in particolare nella zona dove ancora oggi si produce il Lambrusco.

Il Lambrusco vanta quindi una tradizione antichissima e per la sua natura versatile è un vino che si sposa tanto con i cibi dai sapori più decisi e robusti, come quelli della carne o del parmigiano-reggiano o del grana, quanto con quelli più leggeri, ottimo col pesce e per aperitivi da solo o miscelato ad altri alcolici. Un “Gasparossa” sarà più adatto a piatti di carne, formaggi invecchiati e paste elaborate, mentre un “Sorbara” sarà ideale per piatti di pesce, salumi o formaggi freschi.

A proposito di aperitivi, nel 2010 la “spuma Lambaroni”, un cocktail formato anche da Lambrusco, ha vinto il premio Barman Day, svoltosi nel salone del lingotto a Torino, durante la rassegna della manifestazione “slow food”.

Ma la versatilità del Lambrusco non si ferma qui, infatti vale la pena ricordane anche l’utilizzo nella vinoterapia per le sue proprietà di conservazione della pelle.

Un vino, insomma, dalle mille facce.