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I culurgiònes
I culurgiònes: quando la tradizione sposa il sapore

In una terra dove la natura è stata così generosa nascono dei curiosi ravioli chiamati i Culurgiònes.

La semplicità degli ingredienti di questi “saccottini” a forma di goccia appartiene alla cultura agropastorale della Sardegna. I nomi nei vari dialetti sardi, solo per citarne alcuni tra cui  culurjònes, culurzònes, culurjònis sono molteplici ma, mentre i linguisti ancora si accapigliano per capire l’etimologia, che pare essere piuttosto controversa, le donne dell’isola da secoli preparano questo delizioso piatto.

 

culurgiones al sugo

 

All’inizio dell’estate quando le pecore non potevano brucare l’erba fresca, il latte che producevano aveva un sapore diverso ma, ugualmente ottimo per poter preparare il formaggio su viscidu o cas’e vida, che veniva conservato in salamoia oppure sotto sale, utilizzato per arricchire piatti come zuppe, minestre, insalate e veniva utilizzato anche per conferire il gusto particolare ai culurgiònes. Oltre al formaggio gli ingredienti che venivano utilizzati erano: patate di montagna, più ricche di amido rispetto a quelle coltivate in pianura, aglio, farina di semola di grano duro, sale e acqua.

Le donne sarde preparavano il pranzo al sacco per gli uomini che si accingevano ad affrontare faticose giornate di lavoro. La “schiscetta” era facile da trasportare, le donne ponevano sul fondo del pecorino grattugiato, adagiavano in maniera accurata i ravioli e cospargevano il tutto con dell’altro pecorino, in questo modo il formaggio si fondeva rendendoli gustosi e saporiti, inoltre, una volta arrivata l’ora di pranzo i pastori potevano riscaldarli su pietre arroventate con le braci.

Oggi i culurgiònes hanno un ruolo importante nella cucina sarda; dal 2015 sono stati riconosciuti come prodotto IGP e sono protagonisti assoluti di pranzi domenicali e feste. Si possono gustare in ristoranti tipici e non, magari con ricette rivisitate. Essi hanno la chiusura decorata a forma di spiga, variano a seconda della località e sono presenti in più varianti.

La zona dell’Ogliastra rappresenta la patria dei culurgiònes, qui vengono preparati a base di patate, pecorino, cipolle e menta mentre in Gallura vengono aromatizzati con scorza di limone o arancia.

A Sadali, in provincia di Nuoro vengono preparati nel seguente modo: con farina di semola di grano duro e farciti con ripieno di pecorino sardo, di solito si utilizza un formaggio molto fresco che ha al massimo due giorni, qui, nel mese di agosto, viene celebrata una deliziosa sagra di degustazione per “fare man bassa” di questo prelibato piatto. A Tortolì l’impasto si amalgama con patate, cipolle e poco formaggio facendo dominare il sapore dolciastro delle cipolle. Nel paese di Gairo il ripieno è composto da patate, aglio e menta; mentre ad Ulassai al posto del pecorino utilizzano su fisciddu un formaggio particolarmente acido messo in salamoia.

In tutte e tre le versioni la chiusura è a spighitta, ossia chiudendo con le mani la sfoglia e lavorandola con le dita quello che si ottiene è l’aspetto di una spiga. Bolliti in acqua, senza aggiunta di sale, vengono conditi con olio, burro e salvia oppure con sugo di pomodoro e pecorino grattugiato.

A Taluna e Urzulei la chiusura a spiga si trova da entrambi i lati e l’impasto è molto semplice solo formaggio e patate. A Baunei la forma è quella dei ravioli classici ma più grandi del solito, in alcuni casi si possono trovare anche a forma di mezzaluna. Nella Barbagia il ripieno è di pecorino fresco e i condimenti possono essere due: con ragù di maiale oppure con sugo di pomodoro e aggiunta di salsiccia fresca. Ad Arzana e Jerzu le dimensioni sono ridotte pari a circa 5 cm contro i 6/7 della media ogliastrina.

 

I culurgiònes

I culurgiònes

 

Andando verso sud, nel campidano troviamo ricette differenti: il ripieno è costituito da ricotta fresca di pecora o di capra, uovo e zafferano in alcuni casi con aggiunta di spinaci, noce moscata o bietole, conditi con pomodoro fresco e basilico. A Porto Cervo in alcuni locali li servono, invece che bolliti, arrostiti, colorati perché preparati con farine differenti da quella di grano duro, serviti come antipasto e con ripieni particolari.

Fino agli anni ’60 a Ulassai i culurgiònes venivano consumati solo ed esclusivamente il 2 Novembre, sa di e ir mortos, il giorno dei morti appunto.  Nella Barbagia ma, anche in tutta la zona dell’Ogliastra a Esterzili ma anche a Sadali questi ravioli non sono considerati solo un piatto ma, anche un dono prezioso, un omaggio per particolari celebrazioni come la fine del raccolto del grano, per ricordare i cari defunti o per festeggiare il carnevale, in questo caso simboleggiano: rispetto, amicizia, stima e prosperità. Alcuni li considerano come dei veri e propri amuleti; un po’ come quello che rappresenta il “cornetto” per i napoletani, is culurjònis scacciano la negatività, l’invidia proteggendo le famiglie sarde.

Quello che ad oggi rimane ancora un segreto è: ma come si fa a realizzare quel ricamo a spiga?