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Monte Catinaccio - © Vaghis - Viaggi & turismo Italia - Tutti i diritti riservati
Il monte Catinaccio, uno dei massicci più amati dagli appassionati di montagna, è legato ad una leggenda di amore e magia.

Il monte Catinaccio, o Rosengarten come lo chiamano in Alto Adige, è una delle montagne delle Dolomiti, precisamente della Val d’Ega. Con le sue vette di 3000 mt di altitudine è una meta particolarmente indicata anche per gli amanti del trekking più estremo, offrendo percorsi di ferrate, oltre ai tanti sentieri, per raggiungere la cima.

 

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Ma alla bellezza naturale del Catinaccio si aggiunge l’aspetto mitico della leggenda che lo caratterizza. Si tramanda che, in un tempo molto lontano, quando vivevano gnomi, giganti e nani, Laurino, il re degli gnomi, oltre ad avere poteri magici che gli permettevano di essere invisibile e fortissimo, vantasse anche di un meraviglioso roseto: il Giardino delle Rose. Il roseto emanava un profumo inebriante per chiunque si avvicinasse ed era recintato da un filo d’oro e chiunque avesse osato tagliare e oltrepassare per cogliere anche solo un fiore avrebbe ricevuto come punizione il taglio di una mano e di un piede.

Quando un giorno Laurino si innamorò della figlia del re della Val d’Adige, fece di tutto per portarla via con sé; facendo ricorso ai suoi poteri magici, si rese invisibile, la rapì e la portò nel suo castello.

Il fratello della principessa si mise subito sulle sue tracce e, aiutato dal re dei Goti, Teodorico, riuscì a trovare presto il luogo dove era tenuta prigioniera Similde, proprio grazie al colore rosso che producevano le belle rose del re Laurino. Quello che prima era stato per lui motivo di orgoglio – il suo roseto – divenne in quel momento la sua trappola, perché, attraverso le sue rose, che facevano risplendere le montagne tutte intorno di un colore rossastro, subito venne scoperto e raggiunto.

 

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Quando Laurino comprese che il regno degli gnomi era destinato a perire, decise di mandare una maledizione sul suo roseto: nessuno avrebbe potuto restare ammaliato dallo splendore rossastro del suo roseto, le sue rose non avrebbero più dovuto risplendere, né di giorno né di notte, e le pietrificò.

Laurino, però, non aveva pensato al momento di passaggio tra il giorno e la notte, il tramonto, ed è proprio al crepuscolo che, nonostante la maledizione, le montagne si illuminano ancora oggi di sfumature rossastre, quello stesso colore del roseto del re degli gnomi.

Leggenda e fantasia, storia e realtà, tutto si fonde insieme e spesso conferisce una bellezza ancor più profonda ad un luogo.

Vedere lo spettacolo delle montagne che “arrossiscono” colpite dal sole al tramonto – fenomeno che in lingua ladina è chiamato enrosadira – è davvero particolare e, se con la mente torniamo alla leggenda, possiamo anche immaginare che al posto di quel grande massiccio che svetta davanti a noi, un tempo c’erano tante belle e rosse rose.

 

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